Il nome “Milione” potrebbe derivare dal nome Emilio con aferesi della e finale oppure far riferimento al gran numero di “ricchezze” di cui si fa portavoce e descrittore. Il testo latino è un’edizione colta che ha castigato usanze ed elementi osceni (censurate per ragioni religiose-Cristianesimo), soprattutto nell’ambito sessuale. La versione franco-italiana che particolarità ha rispetto alle altre?
Sicuramente l’apporto di Rustichello in questa versione è il più forte. Si puà parlare addirittura di un’edizione rustichelliana. In più Rustichello è autore di un romanzo arturiano scritto in maniera molto simile (il modo di narrare, le tecniche). L’apporto in quetso testo è da considerare più “invasivo”. E’ un procedere di voci narranti molto discontinuo (egli, io, tu, voi, il libro), molto incoerente, forse perché risente di una composizione avvenuta nel tempo tramite racconti, abbozzi ecc. Probabilmente comunque questo è una copia e non l’originale. LA crusca ha preso come manoscritto prediletto i manoscritto “Ottimo”, ovvero il testo in italiano di riferimento. I manoscritti Bertolucci sono invece testi di ricostruzione testuale tramite criteri filologici. Il Benedetto è il primo che imposta uno studio attento della “tradizione dell’opera”. Qui si va nell’ambito della cosìddetta edizione critica del testo, che non è ovviamente la stessa cosa. Importante è saper distinguere tra
- edizione: è un’operazione commerciale di un editore (mondadori che decide di pubblicare vari libri)
- edizione critica: è una ricostruzione critica di un testo di cui non è pervenuto l’originale. L’edizione critica analizza i dati e li metti insieme (critica testuale) per arrivare, pervenire ad un testo. E’ in genere affidata ad un filologo. L’edizione critica fondamentalmente si basa su testimonianze che sono per lo più in manoscritti. Le testimonianze vengono vagliate attraverso la critica. Cosa significa vagliare criticamente un manoscritto. Significa per prima cosa chiedersi se è attendibile un testo. L’atteggiamento critico si pone il dubbio. Essendo un testo in prosa, il Milione ha una ricostruzione abbastanza problematico. In più non ha uno schema di riferimento astratto a cui posso riferirmi. Non c’è uno schema formale che mi permetta di valutare quanto un manoscritto è lacunoso o no. Nella prosa spesso c’è il problema dei “salti”, e frequentissimo è il “salto dallo stesso allo stesso” (ovvero da una parola ripetuta a distanza)
- pubblicazione
-manoscritto
- edizione: è un’operazione commerciale di un editore (mondadori che decide di pubblicare vari libri)
- edizione critica: è una ricostruzione critica di un testo di cui non è pervenuto l’originale. L’edizione critica analizza i dati e li metti insieme (critica testuale) per arrivare, pervenire ad un testo. E’ in genere affidata ad un filologo. L’edizione critica fondamentalmente si basa su testimonianze che sono per lo più in manoscritti. Le testimonianze vengono vagliate attraverso la critica. Cosa significa vagliare criticamente un manoscritto. Significa per prima cosa chiedersi se è attendibile un testo. L’atteggiamento critico si pone il dubbio. Essendo un testo in prosa, il Milione ha una ricostruzione abbastanza problematico. In più non ha uno schema di riferimento astratto a cui posso riferirmi. Non c’è uno schema formale che mi permetta di valutare quanto un manoscritto è lacunoso o no. Nella prosa spesso c’è il problema dei “salti”, e frequentissimo è il “salto dallo stesso allo stesso” (ovvero da una parola ripetuta a distanza)
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Il Milione ha una struttura molto complicata, nella quale si intrecciano elementi descrittivi e codice narrativo. In p0iù è all’interno di un sistema letterario dove il nome dell’autore non fa paura come a i giorni nsotri. Una volta che il testo era affidato ai manoscritti era suscettibile a distorsioni e modificazioni di ogn tipo… L’autore è un garante delle informazioni che da un nome. Che funzione ha l’autore? L’autore serve a rendere autorevoli i testi, e quindi a renderli circolabili il più possibile. Rustichello affida a Polo il ruolo di “garante” del contenuto. . Più la forma della prosa richiama la “forma della verità”, ovvero la forma della storia. Spesso il testo in prosa nel Medioevo lo si vuole più “vero” di quelli che o hanno preceduto. Ci si avvicina sempre più alla prosa scientifica. La lingua francese ha un ruolo importantissimo, perché verso la fine del 1200 era la lingua più internazionale e più garante di successo, godeva di un grande prestigio. Appunto che a seconda del genere l’autore e il copista decidono di scrivere in francese puressendo di altra nazionalità (è quello che succede con la “musica rock”). Le Crociate indussero rpporti economici che spostarono l’asse commerciale in una zona che era rimasta un po’ depressa (prima delle crociate il commercio era soprattutto nel nord europa). Il regno latino di Gerusalemme diventa un avamposto per i commercianti, che istallano le luogo vere e proprie colonie. Anche a Costantinopoli v’erano quartieri delle repubbliche marinare. Le colonie erano perlopiù occupate da francesi (perché le crociste partono soprattutto dalla Francia). Le crociate terminano con l’assedio Di Acri che è del 1291, perché i Cristiani vengono definitivamente sconfitti dagli arabi (aiutati anche da altre etnie orientali, che premevano verso occidente). I banchieri (Senesi, Lucchesi, <Fiorentini) finanziavano le spedizioni (anche ai Re, re d’Inghilterra). Poi erò tli avventura militari non furono più sovvenzionate dai banchieri (per troppe spese). Si può dire che il 1291 è l’anno a partire dal quale finisce l’espansionismo commerciale verso oriente. Sono anche gli anni in cui Marco Polo sta facendo ritorno in Italia. C’è stato al Battaglia della Meloria che ha sconfitto definitivamente Pisa a vantaggio di Genova 8che sta diventando anche più forte di venezia) e consapevoli di questi mutamenti storici Rustichello e Maeco Polo sono anche spinti a mettere per iscritto avventura avvenute prima, perché capiscono che non ci sarà un seguito di questa possibilità. Poi ci sarà tutto un movimento di popolazioni orientai che cominceranno a premere verso i confini latini, cominciano a guardare anche allo sbocco del Mediterraneo, finoa quando Costantinopoli cade segando la fine dell’Impero Romano d’Oriente. Rustichello si presenta anch’egli come un conoscitore del mondo (asserisce nell’opera precedente di aver ricevuto il libro dal re.. Ecc). In più Rustichello è rappresentante di una famiglia notarile e prestigiosa Pisana. In realtà la prigionia era semplicemente una condizione di soggiorno finalizzata ad indebolire i traffici e congelare “le forze vitali di Genova”. Venivano addirittura incitati ad avviare a Genova un’attività e formavano una specie di colonia nella città nemica. A Rustichello sembro che Marco Polo fosse l’incarnazione di un eroe che lui aveva visto nei libri. Infatti se si legge infatti ci si accorge che si viene ad esaltare la figura di Marco. Dal gran kan gli vengono date delle cariche che non erano state date a nessun occidentale. Gli viene dato un sigillo con il quale Polo può attraversare tutti i regni orientali. Le informazioni geografiche ed etnografiche fanno spostare il romanzo anche nel “genere geografico-enciclopedico”. Ritornando alla lingua, sarebbe nteressante analizzare ke espressioni che gia nell’esordio servono a dar credibilità a ciò che è narrato.
“conter” , ovvero “raccontare”, notate il futuro “conterà”, anche “metre”(nel senso di riportare”) e anche “retraire” (riportare); sono tutti termini tecnici che indicano la credibilità del testo. La
“Conter” deriva da “COMPUTARE” (lat), che è un po’ diverso da narrare, da anche l’idea di “contare”; cade la vocale atona prima della tonica (contrazione), poi la “m” davanti alla “t” si assimila. Il fatto che per indicare una stessa azione si ha uno slittamento verso un sinonimo ,e viene scelto un verbo meno letterario, più popolare, che possa richiamare l’uso quotidiano della lingua. Da qui possiamo ricollegarci al cosiddetto “latino volgare” o “comune”; questo è quella lingua latina usata a livello orale e che era diffusa in tutto l’impero romano. Il latino comune offriva un ventaglio di possibilità linguistiche più vasto (perché era una lingua in evoluzione continua). Lo stesso discorso vale per “parlèr” ; esso deriva da “PARABOLARE”, quindi c’è una base di latino ecclesiastico- evangelico (cristiano). Questo “parabolare” è un sinonimo popolare di verbi come “DICERE” che sopravvivono con significati e sfumature diverse. Il latino che noi studiamo rappresenta quindi un nucleo abbastanza ristretto rispetto ad una lingua più larga di tipo popolare che noi solo in parte possiamo ricostruire (poiché non è stata lingua letteraria per molto tempo).
[…..] manca una lezione e la versione francese data al prof.
La versione che abbiamo visto ieri è interessante perché ha fatto conoscere il Milione in Francia attraverso una veste linguistica più regolarizzata. Si tratta di un francese che abbandona quella varietà franco-italiana che era stata la lingua di pratica dei due coautori. Fra l’altro non ci sono prove per dire che la versione franco-italiana (formata dal ramo toscano e dal ramo veneto), sia la versione che sicuramente è uscita dalla penna di Rustichello, però è la più probabile. Questa tradizione si diffonde in area dell’italiasettentrionale. La versione francese è anch’essa molto antica; prima del prologo inserisce un “antiprologo”, che è interessante sul piano storico in quanto prende la parola un certo Tybault, signore di Cepoy, il quale dichiara di essersi recato a Venezia e di aver preso dalla mani di Marco Polo una copia del Milione; e questo sarebbe avvenuto, secondo le dichiarazioni di Tubault, l’agosto del 1307. Quindi sarebbe una copia dell’originale 1298 (sono passati nove anni in cui Marco Polo consegna una copia da diffondere in Francia). La notizia di Tubault è importante perché ci dice che Marco Polo voleva la diffusione e la copiatura del testo. Alcuni affermano che Marco rinnegò la versione franco-italiana e volle un “superamento dell’originale”. Nelle nuove versioni la sostanza rimane inalterata, ma cambia la lingua, un francese
nazionale regolarizzato dal punto di vista della grammatica ed in più elimina molto lo stile arturiano di Rustichello. Si ha anche una grande distorsione del nome : Rasta Pysan, che è un fraintendimento, andrebbe ipotrizzato un passaggio intermedio del tipo “Rusta Pisan, e la “u” è stata presa per “a” . Questo personaggio è anche chiamato Rusticiano in italiano, che è la cattiva lettura del “rusticans” francese (altra versione del nome attestata). Anche se è più regolarizzata la versione francese, tuttavia abbiamo la testimonianza di questo personaggio dell’antiprologo dicendoci che essa deriva dalla versione franco-italiana. Fra l’altro c’è un problema cronologico non indifferente, poiché la versione franco-italiana nell’esordio riporta solo la data 1298, ed è una data molto plausibile perché il 1284 si ha la battaglia della Meloria. Non è chiarissimo se il 98 è l’anno di inizio della stesura o l’anno di fine stesura. In più vari dettagli sono successivi al 98, e quindi Rustichello come fa a saperli (avvenimenti successivi al suo rientro in Italia). Probabilmente mettono le mani su alcune fonti, poiché c’è da dire che il Milione non finisce, è un’opera rimasta incompiuta. Finisce con una promessa di parlare dell’india, che però non viene mantenuta, interrompendo il libro. Si interrompe in un punto nel quale Rustichello e Merco si sono persi nel descrivere scontri tra Tartari, scontri avvenuti però successivamente al rientro di Marco. Dopo la narrazione s interrompe e non sappiamo perché.“conter” , ovvero “raccontare”, notate il futuro “conterà”, anche “metre”(nel senso di riportare”) e anche “retraire” (riportare); sono tutti termini tecnici che indicano la credibilità del testo. La
“Conter” deriva da “COMPUTARE” (lat), che è un po’ diverso da narrare, da anche l’idea di “contare”; cade la vocale atona prima della tonica (contrazione), poi la “m” davanti alla “t” si assimila. Il fatto che per indicare una stessa azione si ha uno slittamento verso un sinonimo ,e viene scelto un verbo meno letterario, più popolare, che possa richiamare l’uso quotidiano della lingua. Da qui possiamo ricollegarci al cosiddetto “latino volgare” o “comune”; questo è quella lingua latina usata a livello orale e che era diffusa in tutto l’impero romano. Il latino comune offriva un ventaglio di possibilità linguistiche più vasto (perché era una lingua in evoluzione continua). Lo stesso discorso vale per “parlèr” ; esso deriva da “PARABOLARE”, quindi c’è una base di latino ecclesiastico- evangelico (cristiano). Questo “parabolare” è un sinonimo popolare di verbi come “DICERE” che sopravvivono con significati e sfumature diverse. Il latino che noi studiamo rappresenta quindi un nucleo abbastanza ristretto rispetto ad una lingua più larga di tipo popolare che noi solo in parte possiamo ricostruire (poiché non è stata lingua letteraria per molto tempo).
[…..] manca una lezione e la versione francese data al prof.
La versione che abbiamo visto ieri è interessante perché ha fatto conoscere il Milione in Francia attraverso una veste linguistica più regolarizzata. Si tratta di un francese che abbandona quella varietà franco-italiana che era stata la lingua di pratica dei due coautori. Fra l’altro non ci sono prove per dire che la versione franco-italiana (formata dal ramo toscano e dal ramo veneto), sia la versione che sicuramente è uscita dalla penna di Rustichello, però è la più probabile. Questa tradizione si diffonde in area dell’italiasettentrionale. La versione francese è anch’essa molto antica; prima del prologo inserisce un “antiprologo”, che è interessante sul piano storico in quanto prende la parola un certo Tybault, signore di Cepoy, il quale dichiara di essersi recato a Venezia e di aver preso dalla mani di Marco Polo una copia del Milione; e questo sarebbe avvenuto, secondo le dichiarazioni di Tubault, l’agosto del 1307. Quindi sarebbe una copia dell’originale 1298 (sono passati nove anni in cui Marco Polo consegna una copia da diffondere in Francia). La notizia di Tubault è importante perché ci dice che Marco Polo voleva la diffusione e la copiatura del testo. Alcuni affermano che Marco rinnegò la versione franco-italiana e volle un “superamento dell’originale”. Nelle nuove versioni la sostanza rimane inalterata, ma cambia la lingua, un francese
Altre coordinate relativer all’attività di Rustichello da Pisa sono da collocare agli anni 1270-74 poiché è il periodo che abbiamo la partecipazione alla crociata di Leonardo di Inghilterra (da Londra ad Acri), durante la quale Rustichello si fa consegnare dei materiali per scrivere un romanzo cavalleresco. Curiosamente però questi anni vedono anche i Polo di passaggio ad Acri. Nel 1291 Acri cade sotto il dominio dei Musulmani e in questo anno si possono considerare finite le Crociate. E’ una data che è da considerare da spartiacque storico.
Ora leggiamo il capito V….
E’ un capitoletto di snodo interessante per la tecnica narrativa. <<quando i due fratelli ebbero inteso ciò che il messaggero aveva loro detto si prepararono e dissero di andar volentieri con lui. Quidni si misero in via con questi prima che fossero raggiunti e trovano molta meraviglia e diverse xose che non racconteremo per il fatto che messer Marco, figlio di Nciccolo, ve le racconterà più avanti in questo libro>>. Si vede la regia di scrittura di Rustichello. La versione franco-italiana è preziosa perché conserva questi sprazzi narrativi. Riprende il registro narrativo quasi da romanzo e poi c’è un intervento d’autore al plurale (ve le racconteremo, “noi”) e poi uno al singolare in terza persona. La versione franco-italiana contiene questi interventi d’autore che sono “ je, nos, il,livre”.
Poi abbiamo il primo incontro dei veneziani con Cubilau (Gran Khan)<< quando furono al cospetto del grande signore……. Domanda loro molte cose: degli imperatori, come ma tengano la loro signoria, e come vanno in battaglia e ogni loro affare e poi dopo chiede dei re, dei baroni e dei principi>> Notate come viene ripreso lo schema piramidale degli stati del mondo. L’accoglienza del Gran Khan è prettamente cortese, e sembra che Ruistichello stia parlando di re Artù (sono le stesse formule, formule da romanzo cavalleresco). Veiamo qualche notazione linguistica: in questi due capitoletti troviamo la parola “frèrs” < FRATRES, ci fa capire come siamo in ambito francese perché rispetto all’italiano dobbiamo notare il passaggio della “a” tonica finale che si palatalizza e diventa “e”; succede anche in mare, che diventa “mer”. La palatizzazione non avviene quando la “a” non è in finale di sillaba (sillaba libera): la palatizzazione avviene sono nella lingua d’Oil e non lo si trova ad esempio nel Provenzale. Questo ci fa capire come siamo in un sistema di suoni frncese. Ci sono anche suoni che non sono proprio francesi, soprattutto a livello consonantico e non sappiamo come sia veramente pronunciata la parola “choses/coses” (si hanno entrambe in quello del 1216). Perché si ha questa alternanza. La base latina è CAUSAS: nel latino parlato tale parola va a sostituire la parola “RES”, la quale non designa più la “cosa”, e tende a scomparire con tale accezione (ha vinto il sinonimo popolare). La forma italiana è “cose”. L’italinao e il francese condvidono la monottongazione di “au” primario. L’italiano conserva però la consonante velare [k], che nel francese invece si è modificata, si è ammorbidita in un suono consonantico palatale (spostamento di articolazione). Questa affricata palatale viene resa con due lettere che la diversifichino dalla velare: ch (l’hacca indica la palatale). Il problema arriva con la forma bastarda, ibrida “coses” che conserva la [k] che sembrerebbe indicare una pronuncia velare. Comunque non possiamo capire quale sia veramente la pronuncia. Evidentemente che copia questo manoscritto è un italiano che riporta la forma al suono italiano [k]. Non possimao escludere però anche che Rustichello e Marco scrivessero “K” e poi la pronunciassero “Ch”. In più non possiamo escludere che il copista pronunciasse “Koses”. L’andamento della lingua quindi oscilla molto tra forme francesi e franco-italiane. Se non si considera questa circostanza di composizione linguistica un editore moderno dovrebbe regolarizzare.
Il sistema francese di riferimento lo vediamo in generale dalla caduta delle atone finali. Vediamo per esempio “dit”, che in italiano è “detto o dito”; abbiamo “lor” che nell’italiano è “loro”, lo vediamo anche nella forma choses perché se andiamo alla base latina in qualche maniera è caduta la zona vocaliza atona finale, poiché “causas” o “dictus” hanno eliminato la vocale atona o l’anno indebolita facendola diventare suono palatale. Questo suono palatale si usa molto spesso. Un’altra delle grandi caratteristiche della zona romanza francese cioè la caduta delle vocali atone latine diverse da a o l’indebolimento di questi in “e”. Alcuni di questi fenomeni sono condivisi anche da alcuni dialetti italiani, come i dialetti settentrinali come il ligure, il piemontese e il lombardo e anche una parte dell’emiliano. Questi dialetti sono indicati infatti come parlate gallo-italiche, poiché sono una zona linguistica di contatto con le lingue gallo-romanze. Questa caratteristica quindi accumuna quelle parlate derivanti dal latino che però si sono sviluppate su territori di origine gallica (galli transalpini e cisalpini). Hanno trovato più ostacoli enlle zone vicino a Roma, infatti il toscano conserva forme molto più vicine al latino. In questo senso il francese (soprattutto del nord- d’Oil) costituisce l’esito estremo di una serie di trasformazioni che sono apretite dal latino e hanno riguardato tutte le lingue romanze. Questa è la zona dove le lingue romanze si sono mutate più liberamente grazie ad un sostrato celtico che ha opposto meno resistenza. Man mano che ci si allontana dal centro il latino si è evuluto secondo fenomeni comuni a tutta l’area romanza. Ecco perché il francese sembra così diverso dall’italiano. Il francese del Milione certe volte comunque assume dei tratti che lo riavvicinano all’italiano; vediamo un’altra forma:
“Honorablemente” (forma tipica franco-italiana). Quanto è francese e quanto italiana? Deriva da HONOR HONOREM, qual’èi suffisso che da il “bl” francese? È il BILIS - BILEM , la base latina sarebbe HONORABILE MENTE. L’accento latino cade sulla “a” e abbiamo una “i” atona. Una forma è “onorevole” o “onorevile”: vedete che l’italiano conserva la vocale atona, invece nel francese cade la postonica che conduce ad un contatto BL, ovvero una forma “sincopata”. Questa è una tendenza che troviamo anche in italiano:anche in italiano abbiamo la sincope, però sono minori. La forma francese regolare sarebbe stata “honorablement”, con caduta della vocale finale in “mente”>ment. Questo “honorablemente” quidni può dirsi una forma veramente franco-italiana. Fortunatamente per noi ci sonp delle forme che invece sono sia francesi sia italiane come il futuro “conterà”: sta sia in un sistema francese sia in un sistema italiano. Questo ci fa capire che l’adozione del francese non è stata comunque l’adozione di una lingua molto lontana dalla loro poiché in quanto “italiani settentrionali” parlavano lingue affini al francese.
Poi abbiamo il primo incontro dei veneziani con Cubilau (Gran Khan)<< quando furono al cospetto del grande signore……. Domanda loro molte cose: degli imperatori, come ma tengano la loro signoria, e come vanno in battaglia e ogni loro affare e poi dopo chiede dei re, dei baroni e dei principi>> Notate come viene ripreso lo schema piramidale degli stati del mondo. L’accoglienza del Gran Khan è prettamente cortese, e sembra che Ruistichello stia parlando di re Artù (sono le stesse formule, formule da romanzo cavalleresco). Veiamo qualche notazione linguistica: in questi due capitoletti troviamo la parola “frèrs” < FRATRES, ci fa capire come siamo in ambito francese perché rispetto all’italiano dobbiamo notare il passaggio della “a” tonica finale che si palatalizza e diventa “e”; succede anche in mare, che diventa “mer”. La palatizzazione non avviene quando la “a” non è in finale di sillaba (sillaba libera): la palatizzazione avviene sono nella lingua d’Oil e non lo si trova ad esempio nel Provenzale. Questo ci fa capire come siamo in un sistema di suoni frncese. Ci sono anche suoni che non sono proprio francesi, soprattutto a livello consonantico e non sappiamo come sia veramente pronunciata la parola “choses/coses” (si hanno entrambe in quello del 1216). Perché si ha questa alternanza. La base latina è CAUSAS: nel latino parlato tale parola va a sostituire la parola “RES”, la quale non designa più la “cosa”, e tende a scomparire con tale accezione (ha vinto il sinonimo popolare). La forma italiana è “cose”. L’italinao e il francese condvidono la monottongazione di “au” primario. L’italiano conserva però la consonante velare [k], che nel francese invece si è modificata, si è ammorbidita in un suono consonantico palatale (spostamento di articolazione). Questa affricata palatale viene resa con due lettere che la diversifichino dalla velare: ch (l’hacca indica la palatale). Il problema arriva con la forma bastarda, ibrida “coses” che conserva la [k] che sembrerebbe indicare una pronuncia velare. Comunque non possiamo capire quale sia veramente la pronuncia. Evidentemente che copia questo manoscritto è un italiano che riporta la forma al suono italiano [k]. Non possimao escludere però anche che Rustichello e Marco scrivessero “K” e poi la pronunciassero “Ch”. In più non possiamo escludere che il copista pronunciasse “Koses”. L’andamento della lingua quindi oscilla molto tra forme francesi e franco-italiane. Se non si considera questa circostanza di composizione linguistica un editore moderno dovrebbe regolarizzare.
Il sistema francese di riferimento lo vediamo in generale dalla caduta delle atone finali. Vediamo per esempio “dit”, che in italiano è “detto o dito”; abbiamo “lor” che nell’italiano è “loro”, lo vediamo anche nella forma choses perché se andiamo alla base latina in qualche maniera è caduta la zona vocaliza atona finale, poiché “causas” o “dictus” hanno eliminato la vocale atona o l’anno indebolita facendola diventare suono palatale. Questo suono palatale si usa molto spesso. Un’altra delle grandi caratteristiche della zona romanza francese cioè la caduta delle vocali atone latine diverse da a o l’indebolimento di questi in “e”. Alcuni di questi fenomeni sono condivisi anche da alcuni dialetti italiani, come i dialetti settentrinali come il ligure, il piemontese e il lombardo e anche una parte dell’emiliano. Questi dialetti sono indicati infatti come parlate gallo-italiche, poiché sono una zona linguistica di contatto con le lingue gallo-romanze. Questa caratteristica quindi accumuna quelle parlate derivanti dal latino che però si sono sviluppate su territori di origine gallica (galli transalpini e cisalpini). Hanno trovato più ostacoli enlle zone vicino a Roma, infatti il toscano conserva forme molto più vicine al latino. In questo senso il francese (soprattutto del nord- d’Oil) costituisce l’esito estremo di una serie di trasformazioni che sono apretite dal latino e hanno riguardato tutte le lingue romanze. Questa è la zona dove le lingue romanze si sono mutate più liberamente grazie ad un sostrato celtico che ha opposto meno resistenza. Man mano che ci si allontana dal centro il latino si è evuluto secondo fenomeni comuni a tutta l’area romanza. Ecco perché il francese sembra così diverso dall’italiano. Il francese del Milione certe volte comunque assume dei tratti che lo riavvicinano all’italiano; vediamo un’altra forma:
“Honorablemente” (forma tipica franco-italiana). Quanto è francese e quanto italiana? Deriva da HONOR HONOREM, qual’èi suffisso che da il “bl” francese? È il BILIS - BILEM , la base latina sarebbe HONORABILE MENTE. L’accento latino cade sulla “a” e abbiamo una “i” atona. Una forma è “onorevole” o “onorevile”: vedete che l’italiano conserva la vocale atona, invece nel francese cade la postonica che conduce ad un contatto BL, ovvero una forma “sincopata”. Questa è una tendenza che troviamo anche in italiano:anche in italiano abbiamo la sincope, però sono minori. La forma francese regolare sarebbe stata “honorablement”, con caduta della vocale finale in “mente”>ment. Questo “honorablemente” quidni può dirsi una forma veramente franco-italiana. Fortunatamente per noi ci sonp delle forme che invece sono sia francesi sia italiane come il futuro “conterà”: sta sia in un sistema francese sia in un sistema italiano. Questo ci fa capire che l’adozione del francese non è stata comunque l’adozione di una lingua molto lontana dalla loro poiché in quanto “italiani settentrionali” parlavano lingue affini al francese.
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