giovedì 30 giugno 2011

FILOLOGIA ROMANZA, il Milione - Lezione III

Il professore Cigni... ha tenuto tutto il corso sul Milione..

Riprendiamo il discorso da un punto di vista letterario. Questo che abbiamo letto è un “capitoletto eserdiale” che dal punto di vista retorico non può dirsi vero e proprio prologo. Nella letteratura medievale di tipo narrativo avevavo molto spesso dei prologho; nel prologo però non veniva anticipata la storia (al contrario del testo narrativo moderno); il prologo aveva una funzione tecnica, ovvero dava indicazioni di lettura (perchè è stata scritta, a chi era dedicata, quando era stata scritta).


Questo primo capitoletto del Milione pur non essendo un vero e proprio prologo, risente di questa tradizione narrativa e viene messo in testa al libro perché in esso sono contenute alcune indicazioni preziose per le circostanze e il destino di questo libro (come se gli si volesse dare un‘impronta di lettura e di ricezione). Non date molto peso alla rubrica iniziale, poiché anche se l’edizione benedetto, basandosi sul manoscritto 1119 di Parigi, la recupera poiché fa parte del manoscritto, però tale rubrica è una frasetta in rosso che precede il testo (in più numerata): quindi dal punto di vista filologico non fa parte del vero e proprio desto del Milione; è invece un “paratesto” (funzionale alla divisione del testo). ANCHE IL TITOLO NON APPARTIENE VERAMENTE AL TESTO, MA È COME UN’ETICHETTA DI COMODO CHE FA RICONOSCERE QUESTO MANOSCRITTO IN CONTRAPPOSIZIONE CON GLI ALTRI. 
La lingua è il cosiddetto francese franco italiano. Si tratta sempre di francese, però è un francese che risente di fenomeni più tipici della lingua italiana che del francese. Ad esempio “lobrique”(si ha uno scambio di consonanti molto vicine tra loro; l e r, due liquide); in genere in toscana lo scambio avviene in direzione l r, arbero invece di albero. Lobrique potrebbe essere una reazione da parte del copista che ricambia la r in l (considerando la r un tratto locale). Questa forma quindi ci fa capire che siamo di fronte ad un francese che risente delle tendenze linguistiche italiane, e in particolare della lingua del nord Italia. Da un punto di vista dell’edizione Benedetto si noti questi segni diacritici di cui il testo è disseminato (ad esempio le parentesi quadre ed uncinate) che stanno per un intervento sul testo da parte dell’edizione moderna. Le parentesi quadre stanno per correzione(ad esempio devisament al posto di divisament).  L’editore quindi ha formalizzato la forma; pur essendo un approccio interventista da parte dell’editore, il suo obbligo è rendere conto delle sue correzioni e decisioni editoriali (tramite segni diacritici). La parola “borgiois” è completamente corretta (era bargions: è uno svarione del copista, però si riporta sempre indicata la lezione originale). Questi quindi sono interventi formali: il testo del Milione può essere confrontato con molte altre versioni, ma è impossibile arrivare ad una situazione di compromesso tra tutte le copie esistenti (si arriverebbe ad un ibrido mai esistito). Ad esempio l’integrazione di “de” non era necessaria, poiché il senso riomane intoccato e l’omissione originale non si presenta come “impossibile, o poco chiara”. Abbiamo poi correzioni come “mansonge” (masonge). Questo intervento è anchesso superfluo da segnalare, poiché il copista s’è dimenticato di inserire un segno di abbreviazione (sarebbe: “_”). Questo per dirvi che il testo presenta delle particolarità dovute anche all’intervento moderno e che rimandano ad una situazione che viene sì razionalizzata, ma che deve essere rivalutata caso per caso. Deve venirci in soccorso il famigerato “apparato critico”, ovvero è quello che vediamo stampato in calce (non sono note), che contiene tutto lo scarto esistenze tra il materiale preso in considerazione ed il risultato finale). Si danno anche considerazioni grafiche infatti. Un’altra annotazione preliminare : i testi nel manoscritto non hanno ne punteggiatura ne spesso una divisione delle parole che rispetti il senso, cioè la scrittura gotica usata era impostata secondo dei moduli grafici che potevano permettere anche l’accorpamento di più parole, come ad esempio  “toutesgens”; il compito dell’editore moderno è quindi la separazione delle parole secondo l’interpretazione del testo (cosa che non è facile). In più bsogna considerare che il manoscritto non contiene segni di interpunzione, la costruzione sintattica non è segnalata da segni come virgole e punti. L’unica cosa che ci viene in aiuto è l’accapo o l’uso di iniziali grandi ad inizio capitolo; quindi il compito dell’editore moderno è molto difficile e delicato (pericolosamente soggettivo; ad esempio quanto si fanno lunghi i periodi? Dove si mette il punto?). La punteggiature è quindi un espediente moderno che ci permette di semplificare la comprensione del testo, ma non ci permette di fare considerazioni sullo stile dell’autore.
Dopo l’apostrofe abbiamo una sì di ripresa narrativa, traducibile con “allora”, accanto al quale poi c’è una coordinata (fatelo leggere). La frase successiva al punto è comunque un’altra coordinata, quindi se non avessimo messo il punto essa sarebbe rimasta coordinata della proposizione principale. Dopo c’è una proposizione di dipo modale e poi una causale (per il fatto che lo vide con i suoi stessi occhi). Ecco qui si chiude secondo me il primo vero periodo. Poi abbiamo un mes (da magis)  ecc.. da un soggetto ad un singolare, balziamo ad un plurale con prepotenza (Rustichello ancora non è stato nominato !!!)

Nessun commento:

Posta un commento

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...