venerdì 22 luglio 2011

Letteratura Italiana II - Lezione II (2011)

Stiamo parlando per il momento di alcune prose sparse di Leopardi; e in particolare di quelle autobiografiche che sono raccolte nel "Diario del primo amore " e nei "ricordi di infanzia e adolescenza". All'interno di questo ultimo testo viene presentata l'anticipazione di molti temi che poi saranno presenti nelle opere maggiori. Per via paradossale potremmo dire che dopo il 19 sono stati fisati definiivamente i cardini della poetica leopardiana, e questi varieranno di poco. Vi ho detto come nel diario del 19 Leopadi apra i temi di critica dell'antropocentrismo, della critica contro il pensiero filosofico antico, il quale vedeva l'uomo al centro dell'universo; la dove invece si avvicina alle posizioni sensistiche e materialiste, in modo particolare al pensiero di Condi Hac, e sviluppa l'idea dell'infinità del cosmo (in contrapposizione con l'antropocentrismo) e dell'infnità dei mondi e delle esistenza. 

Dunque c'è dell'altro; ad esempio in questo diario del 19 Leopardi scrive in terza persona come se lo scrittore concepisse questi appunti nel momento stesso in cui viene stendendo loro, come elementi di un racconto, del racconto della vita di un personaggioo al quale LEopardi presta le sue esperienze; sembra quindi che LEopardi sia già conspevole di mettere in scena una maschera di sè; inizia il suoi bisogni di proiettarsi in figure diverse da sè, bisogno che domina nei canti, nei quali l'autore avvolte è oreente in prima persona, altre volte poresenta un personaggio portatore delle sue stesse idee (Saffo, Bruto, pastore errante dell'asia). Altri temi che si affacciano in questo diario sono da ricondursi al rapporto tra giovinezza e primavera (importantissimo nella meditazione leopardiana); leopardi sta preparndo i materiali da sviluppre in un secondo momento e questo ce lo dice il modo grossolano e ancora poco raffinato (sono moltissimi gli eccetera, come se ègli fosse interessato soltanto a ricordare un tema tramite un'imporessione per poi poterlo riprendere in momenti successivi per svilupparlo).
Nel luglio del 19 Leopardi compie 21 anni e allor baldanzoso della ragginta maturità decide di fuggire da casa, e prepar anche due lettere per spiegare le sue ragioni della fuga (una per il fratello e una per il padre); viene riacciuffato subito (nei momenti preparativ della fuga). Questo episodio romanzesco può essere la ragione per cui alla fine di quell'anno Leopardi decide di raccogliere i ricordi della sua vita e di farne un'opera nuova, il cui protagonista medita continuamente e malinconicamente sulla morte, sulla base della lettura di due testi che vengono esplicitamente citati, ovvero il vertat di Goute e le ultime lettere di Iacob Ortis di Foscolo. resta un progetto, resta appunto questo diario, ma dobbiamo fare un piccolo passo indietro. Se il 1817 è importante per le prime prove di poesia (di cui abbiamo gia parlato), il 18 è l'anno del primo scritto impegnativo dal punto di vista critico-teorico, ed è l'anno durante il quale vengono scritte anche le prime due canzoni (all'italia e sopra il monumento di dante). Questo scritto si chiama "discordso di un italiano intorno alla poesia romantica", leopardi reagisce alla lettura di un articolo letterario scritto da Ludovico di Breme, il quale elogiava una novella di soggetto orientalistico di Lord Biron (il grande romantico inglese). Sostiene che gli scrittore dell'antichità hanno elaborato nelle loro opere alcune fantasie derivate <<da una balorda ammirazione eni confronti della vita ispiegabile della natura>>. A questi scrittori antichi il Breme contrappone gli scrittori moderni, le cui capacità razionali di analisi e conoscenza sono molto avanzate per cui non sono più legate a lavoro balordo ed inutile dell'immaginazione eprchè puntano a conoscere quel vero infinito che tutto circonda. Sono cioè i moderni,secondo il Breme, orientati verso il vero, usando il sistema razionale dell'intelletto. Quindi è evidente che il Breme stia facendo un elogio alla poesia romantica che deve rppresentare le forze della natura in tutte le loro forme, a contrario della poesia antica che personificava tali forze, le trasfigurava fantasticamente (allontanandosi dal vero), rendendo tutti uguali e convenzionali i fenomeni della natura. Il discordo di Leopardi che parte dall'articolo di Breme è l'esatto ribaltamkneto delle posizioni espresse dal di Breme; intanto Leopardi sostiene la superiorità assoluta della condizione primitiva degli antichi (naturale ed infantile), sueriorità rispetto alla civilizzazione e al mondo degli adulti. Secondo leopardi la poesia deve conservare un rapporto essenziale con il mondo dei sensi (un mondo primitgivo e semplice, quello della "sensibilità naturale") anche se i romantici vorrebbero che fosse l'intelletto a prevalere e a dominare la poesia. Ne consegue che la poesia deve essere fatta per elopardi di illusioni e degli inganni dell'immaginazione, delle mitografie, delle personificazini che Breme giudica superati, poichè ogni lettore si mette nella posizione del fanciullo, poichè vole immaginare, tornare bimbo, esploratore di immagini fantasmatiche ed immaginative. Bisogna abbandonarsi <<al delirio dell'immaginazione>>. Certo Elopardi non nega che la conoscenza dei moderni rispetto a quella degli antichi sia molto più progredita, però riconosce che il progresso ci ha cambiato (ha cambiato il genere umano), ovvero non vediamo più la natura con gli stessi occhi degli antichi; è proprio il rpogresso e la ragione ad impedirci di conoscere veramente la natura,la quale <<non si manifesta, bensì si nasconde>>; e quindi diventa necessario per Leopardi esplorare i segreti della natura. Gli antichi proprio garzie al loro rapportoimmaginativo con la antura conoscevano la natura spontaneamente, senza mediazioni. La natura si lasciava ammirare spontaneamente. La natura infatti è immutabile e non deve essere vista continuamente; è sempre stata la stessa, ecco perchè il poeta si deve rimettere nella condizione dell'uomo primitivo attarverso l'immaginazione e questo è possibilissimo perchè quello che furono gli antichi siamo stati noi tutti. Ogni uomo ho vissuto i poaceri, le paure prodotte dalla produzione della fantasia (la fanciullezza, la primavera del mondo verranno rappresentati proprio nella canzona "la primavera").Quindi diciamo che questa inclinazouione a primitivo è il fondamento della critica leopardiana al romanticismo e al pensero dei romantici, secondo un ragionamento che nella prospettiva leopardiana è perfettamente logico: la natura produce piaceri ed illusioni nel mondo primitico, la fanciullezza di ogniuno di noi è il ripresentarsi di quello stato primitivo, le fantasie della fanciullezza sono quindi le stesse identiche fantasie degli antichi, e il poeta deve semplicemente imitare la natura, riprodurre cioè la natura, riprodurre i piaceri e le illusioni. Tale pesniero èstato condensato da Leopardi da una espressione <<il poeta deve illudere e illudendo imitare la natura e imitand la natura dilettare>> (è il dono della poesia leopardiana). Da qui deriva l'accanimento di leopradi contro i romantici. <Nella fantasia dei romantici fa molto più caso u.. che non la lun su di un lago in un bosco, più l'eco e il rimbombo di un appartamento solitario, che non il muggito dei buoi nei campi>>; quindi la poesia ha il dovere di trasportarci nei tempi primitivi, a contato con il dato naturale. E' naturale che una volta tracciato questo percorso Leoprdi deve affrontare il dircorso sugli oggetti e le tecniche dell'imitazione. Secondo Leopardi pur di stupire il pubblico si sono rivolti ad oggetti strani, a situazioni eccessive, agli orrori, ai misfatti, all'incredibile 8all'eccesso), mentre gli antichi imitavano le cose semplici, il quotidiano e nonm cercavano effetti esagerati per attirare l'attenzione; quindi il vero poeta contemporaneo per Leopardi deve cercare di ritrovare le cose antiche, e soprattutto deve liberare la mente dei suoi lettori da idee contrarie a quelle naturali (la funzione pedagogica della poesia: riconsquista del proprio eprsonale stato di natura). Diciamo che rispetto alle complicazioni dei romantici Leopardi prorpone un "sentimentalismo naturale, sempllice", quello di Omero << Omero rappresnetava una notte chiara e pensosa illuminata dalla natura creava già uno spettacolo sentimentale>> in altre parole il sentimentale è gia nella natur e i poeti antichi lo esprimevano descrivendo la natura. Scrive Leopardi : <<La sensibilità di qie romantici altro non essere un micuglio di rimembranze di detti di farsi letti o sentiti; mentre la sensibilità è semplice e dolcissima, sovrumana e fanciullesca, madre di garndi dletti e madre di grandi affanni>>. Leopadi riprende l'abilità dei bambini di dare vita all'inanimato, di antroporfizzare il dato naturale (lavoro semplice e diretto).In modo un po' inaspettato il discorso di un italiano sopra a poesia dei romantici si chiude con un'esortazione ai giovani italiani perchè mino la propria patria, le difendano dalla barbarie, poichè nei giovani italiani la resenza della natura è più viva che nei popoli del nord (i romantici); quindi esorta i suoi lettori alla difesa della patria in nome della natura che rinchiude.
Dopo aver scritto questo discroso sulla poesia romantica (non pubblicato) e dopo aver composto le prime due canzoni.. interviene la fuga da casa e nell'autunno del 19 siamo in una ase talmente matura di pensiero che elopardis crive il rpimo delli Idilli : L'infinito. Leopardi indicherà nella pagine dello ZIbaldone comeil poeriodo della sua mutazione, che significa il passaggio dalla poesia alla filosofia. Un pesniero dello Zibaldone: <<nella carriera poetica il mio spirito ha percorso lo stesso stadio che lo spirito umano in generale>> (quindi dalla poesia ingenua passa alla filosofia come allontanamento dalla stato felice); è il passaggio dallo stato "antico" a quello "moderno". Ha infattimun problema agli occhi che lo costringe a meditare in solitario...(si allontana dagli antichi per avvicinarsi ai moderni). E' leopradi stesso a dire che l'immaginzazione in lui comincia ad affievolirsi; Leopardi quindi prova sui se stesso quel discorso che ha delineato nella saggio sulla posia romantica (dalle illusioni antiche alla razionalità matura che allontana dalla illusioni e dai piaceri). "poeta" e "filosofo" sono i due concettio che leopardi userà per descrivere il proprio rapporto con laa vita e il mondo. Nel luglio del 1820 noi sappiamo che leopardi scrive un grosso nucleo di pensieri nello zibaldone ed è come una sezione autonoma dedicata ad un unico argomento, quella che si usa chiamare "la Teoria del piacere". L'idea di piacere che è teorizzata da leopardi viene dal pensiero materialistico di Montesqieau, quindi quando si parla di piacere si deve intendere il "piacere dei sensi", il piacere "fisico" non intellettuale, poichè solo in un secondo momento diventa un concetto ideale ed astratto. Vedremo infatti quando leggeremo i canti che le sensazioni enunciate dal poeta sono quasi esclusivamente legate al senso della vista e al senso dell'udito (puramnete sensibile). Nello Zibaldone, nella sezione della teoria dl piacere, c'è una pagina che esordisce considerando che l'insufficenza dei piaceri riempie l'animo umano; l'animo umano è naturallmente proteso alla ricerca del piacere. cito <<l'anima umana e così tutti gli esseri viventi, desidera sempre essenzialmente  emira sempre al piacere, osia alla felicità, che considerandola bene, è tutt'un col piacere>>.. subito dopo aggiunge che il deiderio del piacere non ha limiti, è illimitato, non ha mai termine nel soddisfacimento di questo e quel piacere, ma è una tensione infinita, e termina solo con la fine della vita. Quindi ogni piacere è sì circoscritto, ma "il piacere" è infinito e quello che l'anima desidera sopra ogni cosa è il soddisfamento di tale desiderio infinito; e quello che riesce a soddisfare è il pacere delimitato, momentaneo, individualizzato.... Il soddisfacimento di qualche piccolo piacere non pota quindi alla felicità dell'uomo (la felicità è appagare il desiderio infinito); e perciò dice ceh <<tutti i piaceri devono essere misti di dolore, poichè l'anima, nell'ottenerli, prova quel desiderio di debellare il desiderio assoluto ..>>. Leopardi si distanzia da mltissimo teologi del 800, poichè i pensatori del materialismo il dolore altro non era che mancanza di piacere. Per LEopardi viene in soccorso l'immaginazione, la quale compensa l'impossibilità del piacere totale, creando piaceri che non esistono, fingendo la possibilità di piaceri assoluti; <<il piacere infinit che non si può trovare nella realtà, si trova così enll'immaginazione, dalla quale derivano la speranza, le illusioni e tutto ciò che ci fa vivere>>

Dal verso 121 abbiamo una delle mosse descrittive che presentano il suo “fare largo”, una descrittività che addirittura si estende a dimensioni cosmiche. Nella stanza precedente, con il passaggio <<O viva, O viva>>, con questo trascorrere esclamativo viene buttata nel contesto della canzone l’idea dell’eternità che si può conquistare tramite la poesia (la gloria che si acquista tramite la poesia). Il livello cosmico nella parte ultima della poesia è chiaro <<perima le stelle saranno strappate dal cielo ecc…>> Leopardi ha cura di porre il soggetto (le stelle) in chiusura di verso, creando una piccola tensione immaginativa nel lettore, il quale cerca l’argomento della poesia. Il poeta crea immagini molto rapide per poi proiettarle nel nucleo delle stelle.  E’ un’immagine che raccoglie tutte le tensioni universali, come se il Sole, le stelle, il cielo fossero testimoni di questi immortalità conquistata tramite la poesia e l’arte. Poi abbiamo una citazione dal greco (verso 125)che traduce un frammenti di Simonide, tramandataci da Teodoro Siculo. Successivamente abbiamo un’ulteriore trasposizione di Leopardi: nei Sepolcri ad accompagnare i giovinetti a vedere le tombe dell’eroi di troia sono le donne troiane, in particolare accompagnati da Cassandra, la profetessa. Evidentemente A leopardi interessa dire anche : “ciò che dico ci verrà anche una profezia “(ricollegandosi a Cassandra).  Quindi già da questa primisima esibizione di sé, Leopardi mostra quanta importanza abbia la poesia, la parola nel suo universo. La parola serve per il passato, per il presente e il futuro; è un strumento molteplice, e quindi è ciò che meglio di ogni altra cosa può avvicinare l’uomo alla verità e alla conoscenza. Leopardi afferma così il suo anti-scientismo(è la poesia che permette la conoscenza, non la scienza - la poesia estende i limiti di tutto, dell‘intelletto, della capacità di conoscere). Sono questi elementi che ritornano anche nella seconda canzone della raccolta dei Canti, la canzone dedicata al monumento di Dannte

Essa si apre con un‘esortazione alla patria e ai connazionali perché è ormai riprenda la forza guardando ai grandi esempi del passato. Nei versi 7-10 infatti scrive <<o Italia a cor ti sti far ai passati onor.. Ecc>> (O Italia, ti faccia onore esaltare gli antichi, perché le strade attuali sono prive di uomini di tale animo elevato). Seguono poi anche altre invocazioni, invocazioni originate da uno stato di mancanza; cioè Leopardi lamenta che il monumento di Dante non è ancora terminato. E quindi le invocazioni sono alla città di Firenze che ritarda la realizzazione di tale opera scultorea (in piazza Santa Croce), agli scultori che non hanno la capacità e la potenza esecutica degli artefici antichi e che quindi ritardano alla creazione dell’opera; in più è evocato Dante Alighieri come testimone della sventura e degradazione della nazione (versi 91-94; 137-138) Dante oramai è il giudice trasumanato in giudizio divino. E infine, come era accaduto nella canzone All’Italia, c’è l’invocazione ai soldati che muoiono nella campagna napoleonica in Russia, muoiono come i Persiani messi in fuga dagli spartani a causa delle f3erite, alla stessa maniera gli italiani muoiono per il freddo, fiaccati dalla natura, senza combattimento. Diventa questo il simbolo de “sacrificio inutile, privo di virtù”.

Dopo la crisi che prende Leopardi nel 1819, egli scrive la terza canzone: Ad Angelo Mai, a più di un anno di distanza dalle prime due canzoni. Sappiamo che in questo anno Elopardi si avvicina a testi nuovi, ovvero buona parte della letteratura moderna e tra le sue letteure che poi traspaiono dai suoi versi è bene ricordare madame Destael e  Chateau Brian. Anche questa canzone ha un involucro di riflessione civile, ma contiene in realtà un nucleo che la critica  ha definito “filosofica”, ovvero sembra un’analisi filosofica sul sentimento della “felicità”, analisi filosofica che si realizza con l’uso di un linguaggio molto meno rigido ed ingessato di quello delle canzoni precedenti e anche al ricorso ad una sintassi, ad una costruzione argomentativa più fluida, di tipo discorsivo, (non declamatoria, non più apostrofi, ecc). l’apertura della canzone riprende il tema del confronto tra la condizione dei moderni e la grandezza degli antichi, e questo paragone è espresso per mezzo di una lunga serie di 6 interrogative retoriche (domande che non attendono una risposta, bensì fini a se stessa; interrogative che in realtà sono dichiarazioni). Sono domande nelle queli Leopadi invita il cardinale Mai a non risvegliare dalle tombe gli antichi, dal momento che la loro voce non può essere ascoltata da quello che Leopardi chiama “questo secol morto, al quale incombe tanta nebbia di tedio”. E’ un passo avanti rispetto a quanto detto alle canzani precedenti, poiché nelle invocazioni delle canzoni 1 e 2 sperava che qualcuno ascoltasse e che il risveglio dgli antichi funzionasse come fuoco ispiratorio per i presenti. Ora invece è arrivata la consapevolezza dell’impossibilità di risvegliare gli antichi per scuotere le genti. Anzi precisa che, come nel caso dei Sepolcri foscoliani, dovrebbe essere la voce stessa delle tombe a risvegliare gli uomini dall’ozio, dall’inerzia e spingerli verso una virtù che oggi è “rugginosa”. Diciamo che la posizione di leopardi sembra aprirsi ad un nuovo tipo di disperazione, ovvero quella espressa ai versi 34-38, <<io sono distrutto, non schermo alcuno ho dal dolore….. Sogno..speranza>>. Sembra quasi che voglia dire a questo puntgo nella sua vita c’è una frattura tra il rpima e il dopo e che adeso si avanza una nuova fase in cui anche la poesia, la parola non servano a salvare l’uomo. Quindi da una parte cè il filologo entusiasta per la sua scoperta, dall’altra c’è il giovane poeta che esalta questa scoperta ma che crede che nulla potrà mai riportare nel mondo la grandezza antica,nemmeno questi gloriosi testi. Infatti con una punta di invidia dice  che è solo Angelo Mai che può permettersi un dialogo con gli antichi, che può concepire lo studio come un colloquio con il passato, io inizio invece un altro tipo di coloqui, invocando grandi personaggi 86 personaggi)della storia passata attraverso i quali al conoscenza umana è progredita a scapito della poesia e a scapito dell’immaginazione e delle illsioni. I personaggi richiamati sono Dante, Petrarca, Cristoforo Colombo, Ariosto, Tasso, Alfieri, e sono loro che esprimono una nuova visione storica e filosofica del mondo. Ad imporsi è il registro del lamento, che non è più per la perdita della virtù passata, bensì per la fine della forza immaginativa che attraverso la poesia rendeva possibile l’illusione della virtù. Dante viene identificato attraverso un sentimento di sdegno e di dolore, quello sdegno e quel dolore che gli fecero preferire il regno dei morti a quello dei vivi, mentre Petrarca è colui che dal proprio dlore personale, individuale, fece sorgere l’italo canto. Ma c’è un implicito confronto tra Dante e Petrarca, implicito. Il pianto di Petrarca, essendo una passione reale, viva, sentimentale per una donna, provata effettivamente, è superiore al vuoto che prima Dante e ora Leopardi  ha sentito e sente intorno a sé(v. versi 73). Questi versi sono veris fondamentali perché per la prima volta Leopardi annuncia la presenza generale del nulla, quel nulla contro cui sbatte inutilmente iltentativo dell’uomo di sopravvivere degnamente. Notate che il Nulla siede immoto intorno a noi, presso la culla e presso la tomba quasi personificato. Il Nula è il cerchio che si chiude. Ribadito dalla ricercatissima rima “culla-nulla” che rende l’effetto di svuotamento della vita dalla nascita fin alla morte. C’è un dato interessante di confronto che ci fa capire un po’ la genesi dell’immaginazione di leopardi. Il Nulla potrebbe essere stato generato da un frammento che Leopradi sembra aver letto proprio in quei mesi, frammento che viene da un celebre erudito della corte di Crlo Magno, Alcuino, l’apologo del passero (che tornerà nel Apssero Solitario) la cui parabola è identica a quella dell’uomo. Alcuino racconta che il passero in una tormenta, passa attraverso un bosco e per caso entra in uan caverna illuminata. E’ piena di luci allegre e poi da una porta il passero riesce e torna nella tormenta (il nulla- luce(vita)- nulla). Anche questo è uno di quelli elementi tardo-classici che Leopardi sfrutta e modifica. Una domanda sorge spontanea: perché leopardi ha inserito Cristoforo Colombo in mezzo a letterati? Si può spiegare dicendo che l’impresa di Comlombo è considerata come un momento d passaggio dall’antico al moderno. Colombo è colui che ha esteso la conoscenza umana al di là delle colonne d’ercole, al di là dei limiti fissati dal sapere mitografico antico. Quindi è lo scopritore di nuovi mondo per la conoscenzsa. E’ il simbolo della ragione che avanza nella tenebra. E’ un esempio di “eroe moderno”, ma per Leopardi “troppo moderno”, poichhè leopardi non fa altro che rovesciare con un grande paradosso il valore di quella scopwerta: sostiene che più il mondo viene conosciuto, più diventa piccolo 8basti pensare che un bambino lo immagina molto più ampio e vario di quanto non lo immagini un sapiente -versi 87-90. Questa idea sarà poi uno degli assi portanti del pensiero delle Operette Morali. Qui Leopardi lo usa in un momento di passaggio della canzone che gli permette poi di innestare quei momenti dell’illusione del passato: sembra che pregi moto di più la “musa di Ariosto”,per la quale “di strani pensieri si componea l’umana vita”. Non ci sono soltanto quindi i poeti costruttivi(Ariosto), bensì anche distruttivi, come Torquato Tasso, il rpimo ad essere nominato esplicitamente con il suo nome; c’è infatti un moto d’affetto per Tasso in questa invocazione più volte ripertuta (O Torquato!), anzi è evidente che Torquato deve essere considerato come controfigura di Leopardi. Questo lo sappiamo grazie ai versi 128-132 nei quali dice <<ombra reale e salda ti parve il nulla, e il mondo inabitata piagga>>.  C’è poi Alfieri che prima viene chiamato un po’ goffamente lAllobrogo feroce, poi dopo Vittorio mio, poiché lo considera esempio di un letterato che lotta contro i tiranni in  nome di una virtù che gli viene non dalla terra, dal mondo, ma dal cielo. Quindi Alfieri è esempio di una poesia tragica impossibile nel mondo moderno perché il mondo moderno è incapace di azioni coraggiose. Nella canzone di strofa in strofa si avverte il rapido passare del tempo e il progredire della storia verso un punto finale di tenebra, di oscurità. Nel mondo moderno per Leopardi impossibile nel mondo moderno. Nella canzone da una parte si spiega razionalmente comesi è arrivati ad una condizione di morte dei valori e di allontanamento dalla condizione antica, daltro canto questa stessa interpretazione è condotta attraverso una serie di immagini che devono far sentire la forza di un’un immaginazione che sta lottando contro la realtà, il vero, contro il solido nulla. Quindi tutta la canzone è fondata sul contrasto tra vero, nulla/immaginazione. Comunque va anche detto che difficilmente in altri luoghi del fare poetico leopardiano si raggiunge una chiarezza espositiva come quella che troviamo in questa.  
Va anche detto che con le primi tre canzoni siamo ancora all’interno di una poesia occasionale. Ben diversa è la costituzione di una poetica che costringe il poeta a definire alcune delle sue prerogative, alcuni dei suoi punti fermi del suo universo. Poetica che è molto più precisa e plasmata dalla canzone per Paolina. D’altronde dice Leopardi, <la canzone nasce come da miracolo>. Leopardi abbandona l’idea di fare un commento al testo trovato dal Mai (il De Republica). Quindi Mai pubblica i testi senza commento. Inoltre Leopardi scriev <della falsa aspettativa di alcuni intorno ai libri di Cicerone della republica” , nella quale Leopardi dice che nemmeno al voce degli antichi può essere recuperata. Oramai il nulla avanza.


















L’immaginazione per leopardi, citazioni. Illusione.
<<le cave nebbie, i campi dell’inquietate larve>> (BRUTO MINORE, V. 16)
Circa l’immaginazione naturale antica e le sue illusioni: << A noi di lieti Inganni e di felici ombre soccorse Natura stessa: è là dove l’insano costume ai forti errori esca non porse >> (la corruzione dei tempi ha tolto alimento alle illusioni generose) - A UN VINCITORE NEL PALLONE, V. 35
<< Non fra sciagure e colpe, Ma libera ne’ boschi e pura etade Natura a noi prescrisse, Reina un tempo e Diva >>
<<La bella età cui la sciagura e l’atra face del ver consunse innanzi tempo [..] vissero i fiori e l’erbe, vissero i boschi un dì. […]  Ciprigna luce (luna) alla deserta notte con gli occhi intenti il viator seguendo, te compagna alla via, te de’ mortali pensosa immaginò>>.
<<N0armaro incontra, e la negletta mano dell’della natura, onde la viva Fiamma n’increbbe, e detestato il parto fu del grembo materno, e violento emerse il disperato Erebo in terra>>.  (INNO AI PATRIARCHI, V 17)
<<ignota pace regnava>> (INNO AI PATRIARCHI, V 30)
<<Leggi del cielo e di natura indotto valse l’ameno error, le fraudi, il molle pristino velo (il velo dell‘illusione)>>(INNO AI PATRIARCHI, V 30)
<<le violate genti al pelegrino affanno, agl’ignorati desiri educa; e la fugace, ignuda felicità per l’imo sole incalza>>> (riferendosi anche alla penetrazione europea nel nuovo mondo)(INNO AI PATRIARCHI, V 30)















Chiudiamo la parte introduttiva alla terza canzone (ad Angelo Mai). Vi dicevo che la parte centrale è organizzata come una sequenza di presentazione di sei personaggi storici, i quali rappresentano il porgresso della cultura e della conoscenza. Questa galleria di personaggi si chiude sulla figura di Viottorio Alfieri che è appunto pressentato come colui che ha ricevuto una virtù, quella di poter lottare cointro i tiranni, direttamente dal cielo. E 1uindi anche lui rappresenta un sigillo al discorso di Leopardi che ritiene gli uomini contemporanei incapaci di una azione personale. Parla cioè del presente come del tempo del nulla, dell’immobilità e della uniformità. Comunque questa rassegna di personaggi è del tutto funzionale, secondaria, rispetto alla dichiarazione e al concetto di fondo espresso da Leopardi ancora una volta perr via di paradosso. Questo è il concetto della impossibilità dela poesia nel mondo moderno. E il canto viene costruito intorno a questo concetto, da un lato spiega Leopardi come si è arrivati alla condizione attuale, presente, di morte dei valori e di distanza, di allontanamento dalla grandezza degli antichi. Dove sta allora il paradosso? Sta nel fatto che questa idea, questa dichiarazione, sono condotti attraverso una serie fitta di immagini e di giri veloci di sintassi che devono far sentire per contrapposizione, per contrasto, la forza di una immaginazione contemporanea, moderna, in lotta contro questo “secol morto”, contro questa situazione contemporanea. L’aspetto paradossale è che nel momento in cui il poeta dichiara che il presente è morto, privo di valori, non c’è nessuno cher sappia sognare,nello stesso istante che dichiara questo costruisce un’immagine di sé come colui che unico fra tutti sa invece contrastare questo stato di cose, abbandonarsi alle illusioni, al sogno, e quindi recuperre il messaggio degli antichi. Certo non è l’unico, assieme a lui ci sono Angelo Mai e tutti coloro che si ispirano all’insegnamento degli antichi e che usano appunto concetti di ispirazione classica. Leopardi nell’epistolario e nello Zibaldone (quindi nella sue opere di occasione) ha detto molto chiaramente che questa lirica dedicata ad Angelo Mai e che rappresenta l’evoluzione del genere umano, in realtà parla tutt’altro che dei codici di Cicerone. Questa canzone, dice Leopardi, fu scritta anche per nascondere al padre il suo vero significato. Il significato è quello di comunicare <<la persuasione certa e sperimentale (sperimentata) della nullità delle cose, effetto della vera sola maniera di vedere le cose. Pare un assurdo eppure è esattamente vero che tutto il reale essendo un nulla, non v’è altro di reale ne altro di sostanza al mondo che le illusioni>>  , quelle illusioni che si spengono progressivamente, man mano che il progresso e la conoscenza del vero avanza. Non c’è altra scelta, sembra dire Leopardi, per l’uomo di cultura: l’unica scelta è di creare illusioni <in quest’ozio, in questa noia, senza ne patria, ne guerre, ne carriere civili o letterarie ne altro , in questa incapacità di sentir nulla profondamente giova solo una poesia sentimentale>>. L’argomento insomma, se volessimo riassumere, si parla qui dell’esigenza di un risveglio poetico e letterario, inserito sullo sfondo di uan visione generale del mondo contemporaneo, e quello che pensava realmente leopardi quando si tenne a comporre questa canzone, lo spapiamo da una letetra scritta a Pietro Giordani. Dice <<ma quanto ai progetti chi può contarli (le immaginazioni-i progetti), la lirica da creare e presso tutta la nazione, tanti generi .. Unos tile che sia da intendere sia al volgo che ai letterati, ed io son sempre rattenuto nella carceri dalla fortuna ed ora privo di speranza nel mostrare qualcosa di cui non sappia nemmeno sognare >> Si assume l’incarico di creare una nuova poesia che sappia reinnalzare lo stato di desolazione del presente. Altre fonti è un dicorso che tenne in campidoglio a Roma Madam Destael (si era occupata della cultura italiana, e soprattutto su Dante, Petrarca, Alfieri.. E li usava contrapponendili al “silenzio dei viventi” (il silenzio dei contemporanei).


La canzpone che andiamo a leggere è composta da 12 strofe ogniuna di 15 versi.
Angelo Mai occupoò posti di alti livello fu bibliotecario d e stette pure prefetto delle biblioteca vaticana, e fu proprio in questa biblioteca che ebbe la fortuna di scoprire i testi di Cicerone. Lo scopre in un “palinsesto”, un termine che significa “vergato una seconda volta”. Nell’alto medioevo per via di carenza di materia prima e di pergamene, si raschiavano gli antichi manoscritti e ci si riscriveva sopra. Spesso l’opra di raschiatura non riusciva a cancellare totalmente il testo di origine. (sopra c’era stato riscritto San Agostino).  << e dunque coraggioso italiano…>>
Fa una valutazione: “ il fato forse trova difficolt NEL combattere con il valore. Allora forse per leopardi il valore non è ancora morto del tutto (il valore dgli antichi).  Leopradi dice che questo è il momento in cui noi dobbiamo recuperare la virtù degli antichi, “rugginosa”. L’aggettivo ruggonosa evoca uno strumento: la virtù diventa uno strumento per contrastare il secol morto.
Dice che la realtà che lo circonda è onniconprensiva, cioè è fatta esclusivamente di questa condizione di morte e di dolore; se c’è speranza, essa è frutto solo di un sogni, di un invenzione, di una favola.  
Dice poi che gli antichi erano a diretto contatto con la naturà, tanto che essa non si manifestava completmente, cosicchè essi la rappresentavano tramite miti e fantasie, Questo è il primissimo cenno che Leopardi fa circa il “concetto della FELICITA’ DEGLI ANTICHI” che poi sarà al centro dell’”Inno ai patriarchi”. E’ la prima volta che la decadenza dell’Italia viene portata, ricondotta ad una ragione generale, cioè al conoscenza del vero, che spegne, annulla ogni piacere (il piacere dell’immaginare) e genera la noia, e nello stesso tempo quest’idea della decadenza dell’Italia, viene vista e considerata attraverso le vicende, lo svolgersi degli spiriti poetici (da Dante in poi..). A un livello ancora più profondo di questo sotto, sta l’idea del fatto che il grande progetto della poesia leopardiana di questi anni coincide con l’immedesimazione negli antichi, nello stato primitivo, fantastico ed armonico. Notate anche che questa strofa (53. 56 versi) è costruita tutta per progressive subordinazioni, cioè una frase collegata all’altra, e ci sono addirittura 5 gradi di subordinazione. Si ha un giro di cotruzione logica perfettamente concatenato.
Successivamente si ha la rievocazione della grandezza dell’Italia passata. In più si ha la presa di coscienza dell’infelicità umana(corrispondente alla seconda parte dei Sepolcri foscoliani).
Il dolore diventa meno negativo della “noia”, dell’ozio. Questo concetto lo ritroviamo pure nello Zibaldone. <<Il dolore e la disperazione che nasce dalle grandi illusioni non è paragonabile all’affogamento che nasce dalla certezza e dal sentimento vivo della nullità di tutte le cose>. <beato quindi colui che fu vita il pianto>; è meglio provare il dolore che essere posseduti dalla noia.
Il nulla siede nella nostra culla e nella nostra tomba.
Poi si introduce la figura di Cristoforo Colombo. Si vuole dare al lettore l’idea dell’inesauribilità e varietà della vita nei tempi in cui non c’era lo stato di morte, nei tempio in cui il valore esisteva ancora, e quindi il suolo italiano produceva molte faville. E l’avventura nel passato era una “distrazione”, una “dimenticanza” (il dimenticar lo stato di morte).
L’impresa di Colombo è resa con una sfumatura magica, quasi favolosa, mitica.
Più si ha notizia certa del mondo, dice Leopardi, più fievole è l’immaginazione e la capacità di trasfigurare il mondo, il quale si presenta con una faccia sempre più ostile. C’è un brano nello Zibaldone che dice <<quando il Petrarca poteva dire degli antipodi e che il di nostro vola di là a gente che forse aspetta, quel forse bastava per lasciarci concepire quei paesi e quella gente come cosa immensa e dilettosissima. Ma appena gli antipodi si son veduti, sul Mappamondo è svanita ogni grandezza, ogni prestigio, ogni vaghezza. >> Prosegue dicendo <<Il confine dell’immaginativo avviene che egli ne butti sia distesissimo, negli adulti mezzano, nei vecchi brevissimo. Il regno della fantasia da principio è smisurato, poi tanto si fa restringendo tanto ne guadagna quello dell’intelletto. Ne più ne meno è accaduto nel mondo>>.

Riprendiamo dai versi 91 e seguenti..
Si è detto che paradossalmente l’impresa di colombo viene considerata negativamente ai fini che Leopardi considera il più vero progresso dell’uomo, ovvero un progresso di “virtù interiori” e non conquiste belliche.
Recuperando il mito di Aurora leopardi intensifica la sua immagine fantastica sul mondo. Vedete la coerenza linguistica definendo il sole “pianeta” (termine che usavano gli antichi, mentre i contemporanei lo chiamano stella.  La conoscenza è progredita tantissimo e ha distrutto i nostri sogni sul mondo. A forza di scoprire , dice leopardi, l’unica cosa che aumenta è “il Nulla”. Il vero neutralizza la “capacità immaginativa”. <<ci vengono sottratti quegli anni che in origine erano affidati all’immaginazione>>. La conseguenza è che è scomparso il conforto ai nostri dolori: la capacità di illudersi.
Poi viene presentato Ludovico Ariosto(<<cantore vago dell‘arme e degli eroi>>), autore dell’Orlando Furioso, straordinario poema in cui si mettono in scena tutti i grandi sogni della civiltà aristocratica con i mirabolanti gesta dei cavalieri.  Il “vago” indica il vagare della mente nei sogni, nelle immagini dell’illusione.
Ad Ariosto si contrappone la modernità, la conoscenza,  e quindi la figura di “torquato tasso. Qui c’è il ricordo di una pagina dell’Orrtis nel quale si compiace proprio Torquato tasso <<vissuto tra i sarcasmi dei cortigiani, le noie dei saccenti ecc>>. Sia da Leopardi, sia da Foscolo Torquato è presentato come una vittima del suo tempo, costretto a carcera, a smentire la sua opera e ad affidarsi alla morte. Il nulla per lui <si solidifica>>, diventa concreto nella sua vita. Qui cin un toccommolto veloce ma sapientissimo Leopardi recuperare questa citazione di Dante e la pone per far vedere come i poeti antichi come Dante, Stazio, anche un contemporaneo come Tasso sarebbe riuscito a dar forma alle ombre. Invece il destino lo ha portato a “far della vita un’ombra”. In una versione precedente di questa canzone si ha <<vuota stanza dell’ego>> al posto di <<inabitata spiaggia>> .  Parlando della tomba di Tasso parla del sepolcro oramai come qualcosa che non parla più, che non rievoca più nemmeno esempi eroici. E’ svuotato dal ruolo immaginativo. Ai sommi non è destinata nemmen più l’invidia, sono trascurati completamente (<<noncuranza>>).
Poi a seguito di Tasso di fa avanti Vittorio Alfieri.
Nella chiusura riprende la figura di Angelo Mai incitandolo a riportare in vita i morti, poiché morti sono i vivi, in modo che il secolo morto o torni a desiderare la vita e si alzi per ati nobili, oppure muoia nella vergogna.
Dunque vedete che il messaggio definitivo è un messaggio di desolazione, di sconforto, di sconfitta. Leopardi è in grado di riconoscere in questa sorta di prospettiva storiografica che cosa conta veramente nella storia dell’uomo: conta l’attività di uomini come Angelo >Mai, ovvero il recupero umanistico della cultura, di quella cultura che era fatta di promozione della fantasia e che aveva prodotto l’Orlando Furioso, la Divina  Commedia, le grandi imprese (Colombo). La società moderna invece lo ha reso spoglio dell’immaginazione e quindi nudo nel dolore del mondo.
Ora bisogna dire delle note introduttive alle canzoni fino all’Inno ai patriarchi. Per capire il significato delle opere di Leopardi bisogna seguire la composizione dei testi anno dopo anno facendo particolare attenzione ai richiami fra un testo e l’altro (le “intersezioni”) perché i canti sono una sorta di tela fatta con un unico filo, il quale si modula, si organizza in vari percorsi e che riecheggia in modi diversi. Unica è la mente ordinativa anche per testi che sembrano trattare cose diversissime. Il 19 è l’anno in cui Leopardi dichiara esplicitamente di aver provato un cambiamento, una mutazione in sé, ovvero quel cambiamento che lo ha condotto a diventare <<filosofo>>, abbandonando, lasciando un po’ indietro quello stato poetico di vicinanza con la Natura, e iniziando invece su altro versante una meditazione sul vero dominata dalla ragione. Potremmo dire che il 19 è l’anno di passaggio dall’illusione al vero, dalla poesia alla filosofia. Certo è anche vero che avrete avvertito un qualche stacco tra la terza canzone e le prime due. Nella terza l’elemento patriottico e civile è molto forte, mentre invece nelle prime due era più forte il lamento e l’elemento elegiaco di memoria, commemorazione degli antichi. Tra il 19 e il 20 Leopardi scrive alcuni tra i più famosi degli Idilli compreso l’Infinito e subito dopo il 20 torna a comporre canzoni di taglio impegnato, civile e classicheggiante, dove comunque la presenza della ragione meditativa (ragione filosofica) è forte ed esplicita. Si può fare anche un rapido calcolo: il 1821 è l’anno in cui più fitta è l’annotazione sulle pagine dello Zibaldone. Per quell’anno ci sono 1853 pensieri. Ed è proprio l’anno in cui ne scrive di più. In questi anni il ragionamento filosofico occupa per intero l’interesse, l’attenzione di Leopardi. Ma la meditazione filosofica non blocca il componimento poetico, anzì ne chiarisc ei tami. E’ proprio dal rapporto tra illusione e vero che nascono poesie il cui contenuto meditativo si allarga e si approfondisce sempre più. E comunque si tratta di poesie in cui il legame tra illusione e vero,fra natura e razionalità, è al centro della discussione. Sono 6 le canzoni di questo periodo: Nelle nozze della sorella Paolina(che tutto ha fatto atro che sposarsi), A un vincitore nel pallone (novembre del 21), Bruto minore (dicembre 21), Alla primavera (gennaio 22), Ultimo canto di Saffo (maggio 22), Inno ai patriarchi (luglio 22). Sei canzoni dunque nell’arco di 9 mesi. Per ragioni di contenuto molto spesso la critica ha preso in considerazione queste canzoni a coppie, come se fossero 3 coppie: le prime due unite dal tema della “virtù”, poi le due canzoni di soggetto classicheggiante (bruto e Saffo), dove al tema della virtù si unisce quello dell’Amore e del suicidio. Infine l’ultima coppia in cui si interroga direttamente la Natura, recuperando la memoria dei tempi antichi. Vedremo che in realtà questi accoppiamenti sono di comodo. In ogni caso la canzone per il matrimonio della sorella Paolina è fondata ancora una volta su un paradosso che è molto vistoso; ci sono due livelli di ragionamento, un confronto: il confronto tra passato e presente. E il discorso si articola su due livelli, quello del presente e del passato. Poi però si vede che questi due livelli son sono concatenati ligicamente,ma si sovrappongano l’un l’altro. Da una parte il poeta sembra illudersi che le donne possano far rinascere l’esempio dell’antica virtù, e invece contemporaneamente c’è esplicita la consapevolezza che i tempi moderni non possono far nascere nulla di eroico, nulla di virtuoso, ne maschile ne femminile. E anche se nascesse un’anima grandissima, sarebbe destinata all’infelicità. Questa canzone è legatissima ad un discorso che avevva come tema l’educazione degli italiani intitolato “dell’educare la gioventù italiana”, discorso mai portato a termine e mai pubblicato.


E’ un testo articolato in tre punti o momenti o nuclei argomentativi, che sono collegati fra loro attraverso passaggi logici e sintattici molti veloci, tant’è che spesso non ci accorgiamo del passaggio da un argomento all’altro. Comunque i nuclei sono i seguenti. All’inizio della canzone la sorella viene avvisata da Giacomo che se avrà figli virtuosi, bravi, la loro condizione sarà infelice. La virtù, nella condizione attuale dell’Italia, non viene riconosciuta, apprezzata, o ancor peggio viene riconosciuta solo post mortem. Segue il secondo momento organizzato attorno a tre strofe e si tratta di versi indirizzati alle donne in generale, considerate come coloro che devono far crescere nei figli il coraggio e l’amore per la virtù, sull’esempio di quanto facevano le donne nell’antica Sparta. Restano due strofe conclusive, che hanno in sé una rievocazione storica e leggendaria: la rievocazione di Virginia, una fanciulla romana che preferì farsi uccidere dal padre, piuttosto che cedere ai desideri del decenviro Appio Claudio. Questa è una stoia narrata da Valerio Massimo, da Plutarco e anche Alfieri aveva dedicato a questo personaggio una delle sue tragedie che si intitolava appunto “Virginia”. Dal sacrificio di questa fanciulla i romani presero il coraggio per ribellarsi al dittatore. Al di là di questo contenuti, il valore della canzone, che è organizzata come una rilettura di alcune odii di Orazio, il valore sta nei rapporti interni che legano le due figure femminili, cioè Paolina e Virginia, una contemporanea, sorella di Giacomo, l’altra figura storica. Così come importante è quel passaggio che rovescia la felicità del matrimonio nella scelta del sacrificio, nella rinuncia. Paolina si vede abbandonare la casa paterna e quindi la giovinezza e l’età del sogno; esce cioè da una condizione privilegiata e in più è uccisa nel momento della sua fioritura, della bellezza. Per entrambe queste protagoniste il contatto con la realtà dell’amore produce effetti negativi. Virginia sceglie di morire, e Paolina viene avvertita duramente dal fratello, il quale dice <<tu non fari altro che aumentare l’linfe famiglia dell’infelice Italia >> e con un notevole sarcasmo il poeta dice che la sorella dovrà preoccuparsi che i figli non crescano fortunati, e virtuosi, poiché la virtù viene disprezzata. E’ evidente che questo parallelismo non ha un senso ferreo e preciso. Il tempo presente di Paolina e il passato di Virginia sono evocati in un confronto che regge poco. Se lo scopo è di invitare i contemporanei a prender el’iniziativa e di riprendere questi modelli classici, è evidente che tali modelli necessitano di sacrificio, rinuncia, dolore. In realtà la sua esigenza era di inizaiare una nuova fase della poesia, che è quella “dell’ammonimento”, dell”educazione”,e quindi questa canzone rappresenta soltanto un momento ancora acerbo di queste rifkessioni (sta intraprendendo la strada dell’affermazione del valore civile). In un appunto dello Zibaldone Leopardi dice di voler scrivere questa canzone. <<A virginia romana canzone dove si finga di vedere in sogno l’ombra di lei e di prlarle teneramente tanto sul suo fatto quanto sui mali presenti d’italia>>. In realtà in questo momento Leopardi voleva parlare dei mali d’Italia. E’m cambiato però il suo modo di concepire questa canzone. Nella canzone non c’è ombra di “sogno”, che è stato trasformato in “semplice evocazione”. nCOmuqnue l’occasione epr comporre la canzone furono le progettate nozze di Paolna con un benestante non nominato di Sant’Angelo del Vado. A dire il vero questa canzone è il risulyato di una riflessione di leopardi, anzì tutta la prima parte altro non è che la resa poetica di alcuni pensieri che Leopardi aveva già inserito in un ode intitolata “dell’educare la gioventù italiana” . Si tartta di una lirica di intento educativo, erò abbozzata, non riferita. Le tre parti infatti si legano tra loro però in modo un po’ estemporaneo. Sullo sfondo permangono i temi della giovinezza, l’illusione, la virtù ostacolata, la conoscenza dei sentimenti umani che aveva la sua apertura nella canzone ad Angelo Mai.
<<piace dev’essere spettatore vigorose. Il tuono, la tempesta, la grandine, il tempo gagliardo, ogni sensazione viva porta nell’uomo un che di piacevole, anche se essa è dolorosa o incredibile>>(Zibaldone)
Nell’abbozzo di questa canzone Leopardi aveva già immaginato l’episodio di Virgini <<Si può finire con l’esempio di Pantera, o con la costanza di Virginia, o con altro esempio di donna, ecc>>
E’ la storia della fine di un sogno, la storia di colei che preferisce affrontare la morte piuttosto che vedere cancellata la virtù, persona che si sacrifica per affermare la virtù.

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