Romanza è un aggettivo che si ricollega alle lingue romane. Siamo nell’ambito della linguistica storica e si prendono in esame delle stratificazioni linguistiche createsi a partire dalla disgregazione dell’impero romano. Romanzo si ricollega quindi all’aggettivo “romanus”, anzi ad una derivazione più tarda : “ROMANICUS”. Tutto ciò a quindi a che fare con Roma. Deriva dalla dall’opposizione Romanicus-germanicus… Familiarmente si dice che le lingue romanze sono quelle derivate dal latino. O In realtà sono quelle che si sono formate all’interno dell’impero romano.
La filologia romanza è quindi quella disciplina che studia i testi scritti in lingue romanze. Richiede un approccio comparatista in quanto una lingua romanza singola deve essere confrontata con il latino e allo stesso tempo con le altre lingue romanze. Se io prendo la parola “vita” – “vie” – “vida”, (ho preso tre esempi di tre lingue romanze moderne) posso mettere tali parole a confronto e trovare una base latina comune, ovvero vita/ae.
Prenderemo sotto esame il Milione di Marco Polo, testo scritto in francese antico. Quindi dobbiamo collocarlo all’interno di un sistema linguistico con molte varietà e poliforme. È inserito in un “luogo linguistico” molto particolare e completamente diverso dall’odierno. Dobbiamo quindi calarsi una dimensione storica particolare, ovvero medievale. Nell’epoca medievale tali lingue non erano lingue ufficiali della cultura e il francese usato nel Milione si presenta come “letterario” (forme popolari che trovano attestazione all’interno di una forma letteraria).
Prenderemo sotto esame il Milione di Marco Polo, testo scritto in francese antico. Quindi dobbiamo collocarlo all’interno di un sistema linguistico con molte varietà e poliforme. È inserito in un “luogo linguistico” molto particolare e completamente diverso dall’odierno. Dobbiamo quindi calarsi una dimensione storica particolare, ovvero medievale. Nell’epoca medievale tali lingue non erano lingue ufficiali della cultura e il francese usato nel Milione si presenta come “letterario” (forme popolari che trovano attestazione all’interno di una forma letteraria).
Analizzeremo i secoli XII – XIII – XIV. Altro aspetto importante è quello delle “precedenze”; le lingue gallo-romanze (ovvero sviluppatesi nella ex Gallia) hanno una priorità rispetto alle altre. Dobbiamo quindi ricordare il “PRIMATO DELLE LINGUE GALLO-ROMANZE”. Il francese si è sviluppato grazie a nuclei di cultura come monasteri… ed il Francese in particolare è il primo a presentarci attestazioni letterarie scritte. Il francese è avanti rispetto alle altre ramificazioni volgari è avanti; il primo a svilupparsi. Il milione è stato scritto in francese perché in quel periodo sarebbe stato impensabile scriverlo in italiano (per pochi decenni). Non era affatto strano che un italiano scrivesse un opera in francese perché diciamo questo era lingua letteraria oramai affermata e diffusa(largamente attestata). Molto importante è il concetto di “TRADIZIONE”, in quanto tutte le opere letterarie di cui parleremo presuppongono una tradizione all’interno della quale esse si collocano. Questa tradizione presuppone dei generi; alcuni generi sono ereditati dalla letteratura classica, però sono trasformati e distorti in un processo di emulazione, imitazione, e allo stesso tempo di concorrenza (imitare il latino, cercando però di di superarlo; superare l’identità classica e sostituirla con un’identità volgare). Molto importanti sono anche le “FORME”; un esempio è la “forma prosa” (anche per il Milione).Nel sistema letterario volgare questa forma non fu la prima a manifestarsi; la prima forma fu quella in versi, quindi FORMA POETICA(collegamenti con i canti e le recitazioni volgari). Un testo in prosa nel medioevo quindi non è scontato; presuppone una tradizione alle spalle. Se il milione ad esempio lo avessero scritto un secolo prima, esso sarebbe stato scritto in versi (anche i bestiari ad esempio erano in versi).
Siamo quindi davanti ad un francese che ha già una tradizione alle spalle, diffuso e sviluppato. Esso è però sempre in opposizione con il “passato – presente linguistico” formale (latino). Il genere lirico e non in prosa è quello più affermatosi. Più tarda è la prosa. Il Milione si situa su un crinale molto delicato, perché sarebbero bastati pochissimi anni perché il milione avrebbe scelto la forma poetica francese, oppure italiana. .
Il protagonista si trova nella situazione di ostaggio e cerca di affrontare tale esperienza problematica e degradante. Marco Polo fu molto intelligente nel trasformare tale situazione in un riscatto letterario. Non è tutto chiaro, poiché per capire le componenti di menzogna, di verità, di stereotipo si ha bisogno di una grande conoscenza dell’epoca. Addirittura si crede che egli non sia stato in Cina, e che il libro sia solamente un’esperienza “libresca”, creata a tavolino. C’è chi ha messo in dubbio che il collaboratore Rustichello sia esistito, poiché quando mancano delle documentazioni e dei dati biografici certi si procede con diffidenza e forza critica. Il libro quindi si configura come opera letteraria, e non come “documento” (non ha una veste ufficiale). Si inserisce quindi in una tradizione letteraria, dove la finzione è prassi. Quindi siamo costretti a vagliare continuamente la portata di questo testo. A differenza delle tante enciclopedie latine dell’epoca (bestiari, lapidari), è un libro basato su una presunta esperienza diretta. Ogni informazione ha scatenato una ricerca di verifiche per confermare e confermare i dati (ad esempio l’itinerario descritto). Nel libro vi sono scelte (si scegli cosa mettere e cosa tacere: ad esempio non si parla della muraglia) ben precise. E’ chiaramente un libro che non può contenere tutto perché non doveva contenere tutto. In più v’è un problema linguistico, poiché le esperienze fatta da parco polo furono fatte su lingua non romanze; dovette conoscere l’arabo, il persiano, e vi fa il problema di convertire di in altre lingue in lingua romanza. C’è un livello onomastico che pone moltissimi problemi, infatti alcune località presentano forme ambigue. Insomma, non è un libro di storia, dove l’esattezza è prassi; non ha un’impostazione scientifica. In più è un libro che fonde vari registri di scrittura; ad esempio c’è un registro NARATTIVO e un registro DESCRITTIVO, nel senso che essendo lui il protagonista vivo di quello che deve essere scritto, è chiaro che spesso c’èra la tentazione di scrivere ciò che gli era successo (dati biografici). C’è tutta una prima parte che può essere letta come prologo narrativo,e poi una parte con prevalenza descrittiva (dati sui poli; excursus etnografici). In più il libro è reso problematico dalla compresenza di due artefici: Marco polo e rustichello. Definire i ruoli di questi coautori non è per niente facile. Ristichello comuqnue non è il protagonista dell’avventura, quindi non è il testimone di ciò che è narrato; non risulta in più che egli abbia accompagnato Polo in oriente. Secondo le parole del “libre” (la voce narrante lo chiama “notre libre”) egli si trova immischiato a causa del carcere. E’ molto difficile invece stabilire cosa apprtenga a Marco polo. Il suo ruolo è molto più vasto, però oscuro; egli è il protagonista, il testimone, il responsabile del dato, ecc. Marco Polo quindi è un po’ l’auctoritas sotto la quale va colui che garantisce tutto ciò che è scritto.
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