In ogni Paese in cui sono stanziati, gli zingari si ritrovano sempre a raschiare il fondo del barile, ma in Kosovo il barile era già stato raschiato in abbondanza. Verso la fine degli anni Novanta, quando serbi e albanesi si lamentavano con la comunità internazionale riguardo la pulizia etnica in atto nei loro confronti, entrambe le parti cercavano di cacciare dalla zona la popolazione zingara locale. E lo facevano con tattiche ormai consolidate, quali bruciare case e assassinare i membri più anziani delle famiglie. Mentre la guerra dilagava e le atrocità contro gli zingari si intensificavano, l’ONU è intervenuta agendo nell’unica maniera possibile: con la costruzione di un rifugio su un vecchio campo di rifiuti industriali. Il problema è che i rifugiati sono stati lasciati lì fino a quando tutti i bambini della comunità si sono beccati un avvelenamento da piombo.
In
questa tappa del nostro viaggio abbiamo incontrato Paul Polansky,
attivista americano per la tutela dei diritti degli zingari. Paul è
arrivato in Kosovo con le Nazioni Unite con il ruolo di salvaguardare
i campi profughi, ma ha presto cambiato schieramento quando si è
reso conto che le negligenze dell'ONU stavano facendo un favore ad
albanesi e serbi. Ovvero, stavano distruggendo la popolazione
zingara.
Il
turbofolk è una techno ultra-pacchiana con melodie che ricordano
vagamente la musica folk dei Balcani. Niente di strano rispetto alla
musica popolare di molti altri Paesi europei, quindi, se non fosse
per i finanziamenti della mafia serba e croata (a volte anche del
Montenegro) e il suo ruolo di colonna sonora per alcuni dei crimini
di guerra più efferati dopo l'Olocausto. È una scena un po'
allucinante, insomma. La Madonna del turbofolk, Ceca Ražnatović, si
trova al momento agli arresti domiciliari per detenzione e
occultamento di una partita d'armi d'assalto nella sua cantina. Così
ci siamo intrattenuti con la sua protetta, Goga Sekulic, una
gigantessa super-lampadata conosciuta soprattutto per le sue hit
"Gaćice" [Mutandine] e "Seksi Businessman" [Sexy
Businessman] e abbiamo partecipato a un martedì notte di
turboclubbing a Belgrado.
Come
documentato dalle molte parodie radiofoniche di "Kokomo"
dei Beach Boys, la guerra in Kosovo del 1999 è stata una vicenda
raccapricciante e poco chiara, nella quale serbi e albanesi si sono
accusati a vicenda di violenza, pulizia etnica e altre innominabili
atrocità. Grazie a un pompino, gli Stati Uniti hanno deciso di farsi
coinvolgere, e a seguito di un programma intensivo di bombardamenti
messo in azione dagli aerei della NATO, al giorno d’oggi la
situazione in Kosovo è... ancora una merda. Sia serbi che albanesi
sono convinti che la regione gli spetti di diritto, e la gente
continua ad essere pestata perché appartiene al gruppo sbagliato
nella parte sbagliata della città. Nella città di Mitrovica,
l'esempio più eloquente del conflitto è un ponte lungo poco meno di
200 metri che unisce il lato serbo a quello albanese, e su cui ogni
notte fanno la ronda teste calde di entrambi gli schieramenti per
controllare che nessuno attraversi—senza preoccuparsi del fatto che
ci sono non meno di altri quattro ponti sullo stesso tratto di fiume
di cui nessuno si dà la minima pena.
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