martedì 28 giugno 2011

Un po' di Dialetto pisano

Ecco espressioni tipicamente pisane....
"Avere 'r culo di tre pezzi". Essere speciale, avere piu' diritti degli altri. E' una frase che si usa quasi esclusivamente in modo denigratorio verso coloro che, per l'appunto, non vogliono sottostare alle regole comuni, e che agiscono come se non fossero come gli altri. Como coloro che ritengono, appunto, di avere il sedere composto da tre mele, mentre le parti di un sedere sono solo e soltanto due per tutti, poveri e ricchi. Esempio: se stessi facendo la fila per comprare il biglietto al cinema, e uno stolto cercasse di passarmi avanti, lo apostroferei con "oh, giovine? Ma te ti 'redi d'avé 'r culo di tre pezzi?"


"Caapranzo". Letteralmente "caca pranzo", quindi sedere, culo. Lo si usa spesso soprattutto quando la parte in questione è fonte di dolore fisico per svariati motivi. Esempi: "boia deh, e m'hai sfondato 'r caapranzo con quella favona li'", dirà la prostituta dopo il rapporto anale con un uomo superdotato. Oppure "boia deh, e cio' 'r caapranzo in fiamme per tutta la ribollita t'ho mangiato", dirà l'individuo affetto da flatulenze moleste.

"Se ni dai la fava, ti ci vole l'avvoato per fattela ridà". Una delle espressioni più belle del vernacolo pisano. Letteralmente vuol dire "se le dai il pene, il cazzo, ti ci vuole l'intervento dell'avvocato per fartelo restituire". Si indica cioè la particolare voracità sessuale di una donna, che non ne avrebbe mai abbastanza, sarebbe insaziabile. Al punto da dover chiedere l'intervento di un avvocato per poter recuperare il proprio pene. Parlando con un amico, e sfoggiando la classe che ci contraddistingue sempre, un pisano potrebbe dirgli: "boia deh, ieri sera mi sono trombato tu ma'...maremma maiala, mi c'è voluto l'avvoato per fammela ridà (sottinteso: la fava)!".

"E sai 'osa, e sono uscito senza pantaloni...". Frase molto comune, utilizzata per sottolineare un'azione che si è svolta con molto successo, con grande preparazione. "Sai 'osa? E sono uscito senza pantaloni", dirà il ragazzino dopo aver vinto una gara con la vespina truccata. A volte è utilizzata come sinonimo di "un friggo mia 'on l'acqua"(vedi qui).

"Mugolone". Onomatopeutico per "pompino". Difatti, la pratica del pompino è associata a mugolii e sussurri tipici dell'atto. "Boia deh', m'ha fatto un mugolone la tu' moglie e l'hanno sentita fino a Lucca", dirà il gentiluomo pisano all'amico di sempre.

<<T’avessi in culo, t’andrei a caa’ a Rapa-Nui>> (variante: t’avessi in culo, t’andrei a caa’ nella Fossa delle Marianne). La si usa contro persone che ci fanno particolarmente schifo. Il concetto e’ semplice: queste persone ci disgustano a tal punto che se le avessimo in culo, andremmo il piu’ lontano possibile a defecarle (caa’=cacare), per non appestare luoghi vicini. Rapa-nui e la Fossa delle Marianne sono posti lontanissimi...e stanno ad indicare lo sforzo che saremmo disposti a fare. Esempio: se Prodi fosse pisano, vedendo Mastella la prossima volta gli direbbe proprio “Boia dhe, popo’ di stronzolo che siei, t’avessi in culo t’andrei a caa’ a Rapa-nui”.

<<Ha visto più schizzi lei degli scogli di Marina>> (variante geografica “Ha visto più schizzi lei degli scogli di Calafuria”). Questa e’ un’espressione spettacolare. In pratica la si usa per indicare che una certa donna e’ abbastanza di facili costumi, e ha avuto parecchie esperienze sessuali. Immaginatevi quanti schizzi di mare possa vedere una scogliera qualsiasi (in questo caso di Marina di Pisa). Ecco: se una ragazza ha visto addirittura piu’ schizzi (non di mare) di questa scogliera...diciamo che si e’ data parecchio da fare. Esempio: a uno che dicesse "oh, ma seondo me la Arcuri alla fine è proprio una ragazza ammodino (perbene)", si potrebbe rispondere "boia dhe, ma sei briao (ubriaco)? ma se ha visto più schizzi lei degli scogli di Marina!"

<<Farda>>: vuol dire puttana. (Farda di ‘asìno=puttana di casino). Deriva dal trucco che le donne appariscenti (associate con le puttane) sono solite mettersi...il “fard” appunto. La Farda e’ una donna che si trucca troppo, come una prostituta. Esempio: in una discoteca, se vedessi una vestita a festa, con un casino di trucco sul viso, potrei dire a un amico “boia deh, hai visto che farda di ‘asino vella (quella) lì? Sai che mugoloni (pompini)?”

<<Tegame>>: puttana, pero’ un po’ meno forte di farda, quasi affettuoso. Il tegame in toscano e’ anche la pentola che si usa per cucinare. E questo doppio significato e’ spesso usato per offendere. Vi do un esempio di vita vissuta. All’universita’, un’amica di Roma m’invito’ a una festa a casa sua. Ci andai con vari amici, e appena entrati ci rendemmo conto che era pieno di zocccole assatanate (non una brutta cosa, sia ben detto). Al che chiesi alla padrona di casa “boia deh, e t’e’ scoppiata la ‘ucina (cucina)? Come mai tutti vesti tegami a giro”?

<<’Un friggo mia ‘on l’acqua>>: letterlamente vuol dire “non friggo mica con l’acqua”, e cioe’ non sono uno sprovveduto, so il fatto mio, sono bravo in quello che faccio. Esempio: se quello che ha messo incinta la figlia piccola di Berlusconi fosse pisano e fosse stato uno che cercava d’incastrare una coi soldi, probabilmente i suoi amici gli avrebbero detto “oh, deh, bravo, l’hai ‘ngravata (messa incinta)? Ora sei apposto per tutta la vita, deh, che culo!”, e lui avrebbe potuto rispondere con orgoglio “deh, ragazzi, lo so, son troppo forte, io ‘un friggo mia ‘on l’acqua”.

Fa' onco 'a bai – letteralmente “fare schifo ai bachi, ai vermi”, un’espressione molto bella che indica un leggero disgusto nei confronti di una cosa, ma assai più spesso nei confronti di una persona. Come in molte espressioni toscane, si usa un paradosso per rafforzare l’immagine che si vuole dare. In questo caso addirittura si dice che una cosa è talmente schifosa da fare schifo a qualcosa – il verme – che normalmente è già abbastanza schifoso di suo. “Boia deh, vesta pizza fa veramente ‘onco a’ bai”, dirà il gentiluomo pisano mangiando una pizza non proprio di suo gusto.

Arrezzone - questa è una di quelle parole prettamente sessuali che non esistono in nessun’altra lingua, credo. Ha due significati, molto diversi.
1 - L’arrezzone indica il reiterato strusciamento delle parti intime con i vestiti ancora indosso, tipico della giovine età. “No, deh, ‘un me la sono mia trombata, n’ho solo dato un paio d’arrezzoni”, risponderà il gentiluomo pisano, sempre lui, agli amici che fanno domande sull’ultimo incontro amoroso.
2 – Nella sua seconda accezione, l’arrezzone indica una particolarissima palpata, dalle modalità abbastanza complicate: il carnefice, dietro la propria vittima, infila la mano a uncino, con un dito all’infuori (normalmente il dito medio), tra le gambe della malcapitata di sesso femminile, per poi andare ad arpionare le parti intime della stessa, tirando la mano indietro, con il dito a uncino volto a penetrare dove potete immaginare. Provate solo a pensare allo stupore della povera vittima sentendosi NON palpeggiare, ma PENETRARE da una mano che tocca tutto il toccabile. Non c’è che dire, a Pisa siamo proprio dei signori.

Fare nocciòlo - ancora un’altra espressione che semplicemente non esiste in altre lingue. Fare nocciòlo significa rimanere incastrati durante il rapporto anale, una situazione nella quale il mettinculo non riesce ad uscire dalpiglianculo. Situazione che si verifica con una certa frequenza, a dare credito ai giornali, che spesso raccontano di queste situazioni imbarazzanti dove i due incastrati vengono portati in ambulanza all’ospedale. “Boia deh, ma dov’eri eh, che siei sempre in ritardo, maremma budella?”, chiederà l’amico di sempre al gentleman pisano. E la sua risposta non potrà non essere che “Boia deh, stai zitto, guarda,’un mi di’ nulla, che ho fatto nocciòlo con tu ma’ e mi c’è voluto l’ospedale per sorti’”.





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