Questa volta non si parla nè di lettering nè di puppet ma di segnaletica urbana a cura di Peter Gibson.
Peter Gibson street artitist tendente alla “land art”, frustrato dalla mancanza di sicurezza per i ciclisti nelle città di oggi, l’artista ha iniziato (illegalmente) a verniciare a spruzzo le piste ciclabili di Montreal nel 2001. Da qui si è specializzato in segnaletica urbana e street culture.
Il lavoro Peter Gibson tratta temi come la pianificazione urbana la politica con una sorta di umorismo amaro. Speriamo che l'artista abbia tra i sui progetti un'eventuale segnaletica urbana per Pisa.
Peter Gibson,
a.k.a. Roadsworth,
uno street artist che, vernice spray e stencil alla mano, crea opere
d’arte urbana di contestazione contro la cultura “oil-friendly”,
seguendo il desiderio di avere più piste ciclabili in città. Lo
scopo è quello di lasciare il “segno” nelle strade di Montreal
per lanciare un messaggio chiaro e forte: bisogna fare spazio a uno
stile di vita meno dipendente dall’oro nero, dove la bicicletta può fare la parte del leone.
Dopo
gli attacchi dell’11 settembre 2001, Peter credeva fortemente che
esistesse “una discrepanza tra il nostro stile di vita
consumistico –legato in particolare al petrolio- e gli effetti che
stava avendo in tutto il mondo”, spiega l’artista. Il
collegamento tra gli attacchi e la nostra accettazione passiva della
cultura dell'auto nella sua testa era ben chiaro. Per questo ha
deciso, con l’aiuto di una bomboletta, di sfogare la propria
frustrazione sull’asfalto, dando inconsapevolmente vita ad una vera
e propria forma d’arte.
Come
nasce l'idea?
“L'idea
era che i pedoni stavano perdendo il controllo. Quell’impronta
gigante significava che ci si doveva riappropriare delle strade”,
dice Peter. Nasce così la sua originale e umoristicamente amara
“pedestrian street art”, che divenne, negli anni, sempre più
astratta e più sovversiva, con disegni di fiori e mulini a vento
sull'asfalto e il suo "demone ombra" appollaiato
maliziosamente sulle linee delle strade, un vero e proprio “marchio
di fabbrica”.
Ma
il divertimento è durato poco, interrotto bruscamente nelle prime
ore del 29 novembre 2004, quando Gibson fu arrestato dalla Polizia
mentre dipingeva in strada, accusato di ben 85 capi di imputazione
per danno pubblico. Solo ammettendo di essere colpevole riuscì a
evitare il carcere e a pagare solo circa 250 dollari di multa, a
fronte dei centinaia di migliaia di dollari richiesti dall’accusa.
Un’esperienza
“intensa” che lo ha costretto a guadagnarsi da vivere solo
realizzando opere commissionate e legali. Perché, perso il suo
anonimato, Gibson dichiara di aver smesso di creare opere urbane a
Montreal. Ma sembra che non disdegni bombardamenti occasionali in
altre città. E nemmeno approfittare di ogni occasione per parlare
del petrolio di cui è intrisa la nostra cultura: “è
facile puntare il dito, incolpare i governi e le corporazioni per i
mali del mondo, ma, in realtà, noi tutti vi partecipiamo”.
Perché
un ciclista non consuma benzina e, quindi, non contribuisce ai
conflitti per il petrolio e nemmeno all’inquinamento dell’atmosfera
o a quello acustico. Per questo bisogna riconquistare le strade, uno
spazio pubblico che appartiene a tutti, non alle auto, trasformando i
“segnali” di protesta in segni tangibili e reali.
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